John Ruskin (1819-1900)
John
Ruskin (1819-1900), tra i massimi teorici
dell’arte dell’Ottocento, fu scrittore e
disegnatore e seppe riconoscere un grande
valore etico all’arte del medioevo italiano.
Visitò a più riprese il nostro paese e la
nostra regione, per interessi legati
soprattutto al paesaggio, alle città e ai
monumenti antichi e della natura. Compie un
primo viaggio in Italia tra il 1840 e il
1841 lasciando un intenso diario del suo
soggiorno. Dal febbraio del ’41 è in
Campania e sosta a Napoli, Sorrento,
Castellammare e Salerno per visitare luoghi
e monumenti del territorio. Giunge alla
Costa la mattina dell’8 marzo, partendo a
dorso d’asino da Pagani e percorre tutta
Tramonti per passare, senza menzionare,
Maiori e Minori e segnalando la casa di
Masaniello, in un villaggio di cui non
conosce il nome; pernotta ad Amalfi e
l’indomani parte a dorso d’asino per Vietri
lungo l’accidentata allora in costruzione;
senza fermarsi nella sua ammirata Cava, la
sera del 9 arriva e pernotta a Castellammare
da cui partirà all’indomani per Napoli (le
note sul diario risalgono all’arrivo a
Napoli). Della visita ad Amalfi ci restano
due disegni, uno dei quali interamente
acquarellato. |
10
marzo[1841], Napoli
Non ho potuto portare questo con me ad
Amalfi, e del resto troppo stanco per
scrivere. Tempo ideale, in uno dei due punti
perfettamente terso dall’alba al tramonto.
Partiti da Pagani a dorso di mulo, su per un
sentiero a zig zag che conduceva dopo circa
seicento metri a un brullo e tetro valico di
calcare, con alture ricoperte d’erica sopra
di noi tali da rendermi felice a ricordo del
Cumberland. Strano: nel Cumberland mi
renderebbe felice qualsiasi cosa mi portasse
alla mente quella veduta del Vesuvio. La
migliore che abbia visto finora poiché
mostra a pieno il carattere secondario
dell’attuale cratere; il Somma presenta
infatti un anello completo e regolare, il
Vesuvio attuale un mero mucchio di cenere.
Imponenti rupi di calcari sulla sinistra
incombenti e di grande altezza. Al vento
gelido e al percorso ripido - una vera
arrampicata svizzera - facevano seguito, un
istante dopo avere attraversato il valico,
area mite, sole caldo e un sentiero di
soffice terra rossa che si snodava
lentamente giù per una valle lunga e
alquanto priva di interesse. Diveniva,
tuttavia, gradualmente più stretta e di
maggiore effetto, procedendo nella discesa,
con due o tre buone cime in alto a sinistra,
e si restringeva infine una mera forra,
occupata da una costante successione di
cartiere che operavano vicino al sentiero e
insozzavano il torrente. Contadini a frotte
su e giù per la valle belli di lineamenti e
armoniosi nella corporatura: impudenti,
però, e sfacciate le donne. Una ragazza
ridente di una quindicina d’anni - il volto
più bello che abbia visto in Italia - una
vera ninfa del mare. Peculiare il costume:
fazzoletto incrociato sul petto, di colore
vivace, corsetto aperto, sottane corte e
spessi sandali ai piedi. Sbucati sul mare,
alla fine: grandiosità di tragitto verso
Amalfi. A mezza via un villaggio, entro una
gola verticale ove ci mostrarono quella che
affermavano essere la casa di Masaniello,
annidata ad una grotta sulla faccia della
rupe: tutto degno di nota in complesso.
11
marzo[1841], Napoli
Non ho visto altro, di Amalfi, che quello
che ho disegnato, ma era meraviglioso.
Sempre al di
sopra di quanto mi aspettassi quando
all’arrivo sono balzato giù dal mulo, poi il
sole ardente del pomeriggio, e infine con la
luce dietro i monti, raddoppiati in altezza
dalla bruma della sera: mai avevo visto
niente di paragonabile, nel genere, il
chiaro di luna sulla terrazza antistante la
locanda, quanto |
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mai
suggestivo: un mare d’olio e, in alto un
bianco convento con le ombre nette delle
rocce ancora più in alto e la risacca che
per tutta la notte mi è risonata nelle
orecchie, in modo sommesso, ma rapido ed
impaziente.
Mai avevo udito onde susseguirsi tanto velocemente.
Dovevano essere piccolissime, ma il suono
ingigantiva nell’aria notturna. Al mattino,
tempo bello di nuovo e clima molto mite.
Seduto sul muro di pietra al margine della
spiaggia, ho disegnato, felicissimo, fino a
che il sole è diventato troppo intenso per i
miei occhi; poi una gita a dorso di un mulo
fino a Vietri, al di sopra del più bel
tratto - senza eccezione - di costiera e al
tempo stesso di scenario calcareo che abbia
visto finora. Per grandiosità di forme e
ricchezza di fogliame, di gran lunga
inferiore alla costa genovese; ma come
esempio di mera roccia e di tratti
rifiniti di scogliera, senza rivali.
Fantastico fino all’eccesso: archi naturali,
pinnacoli, torri e pareti a non finire;
colonne armoniose, guglie, massi sospesi, e
tutto di mirto, di rosmarino in fiore, di
viole e di carrubi, con qua e là nei dirupi
un bel gruppo di ulivi o di aranci, e un
mare di smeraldo che rifletteva ogni
anfratto con infinita purezza. Dei pescatori
tiravano in secco le reti per le acciughe su
alcuni dei mensoloni più bassi delle rocce;
si impiega un ora e mezzo per ritirare
l’intera lunghezza della rete. Con questo,
non ho goduto minimamente la giornata:
calda, soleggiata ma raffiche di vento ad
ogni svolta; tratti di roccia e di strada di
un bianco accecante da cui non v’erano lenti
azzurri che bastassero a difendere i miei
occhi. Ero stanco per la distanza percorsa,
cinque ore di cammino su rocce infuocate dal
sole, e intimamente contrariato dal dovere
per forza abbandonare tutto questo dopo
soltanto un’occhiata fuggevole a una
particolare veduta di Amalfi e una
panoramica colta a volo - nozione inutile -
di tutto il resto. Ero assolutamente
distrutto e sofferente nell’arrivare alla
carozza tanto da dormire per tutto il
tragitto verso casa; perfino Cava stessa
diveniva amorfa e misera dopo Amalfi. Vano
tentativo, il mattino dopo, di buttar giù
uno schizzo dalla finestra della mia camera
a Castellammare e pessimo umore arrivando
qui. Eppure, è stato un po’ come ritrovare
un vecchio amico; non posso mai godere di un
luogo finchè non vi arrivi per la seconda
volta. Domani… Che cosa farò domani?
Qualsiasi cosa tranne pensare. |