Fëdor Buslaev (1839)


 

 

Fëdor Buslaev

     
La Costa d’Amalfi, dagli inizi dell’Ottocento, è meta di artisti e letterati provenienti dalla lontana Russia. La Campania, Napoli e le due coste, sorrentina e amalfitana, furono ben presto oggetto di viaggi ma prima ancora di dipinti e disegni che ebbero larga diffusione nell’aristocrazia e tra gli uomini di cultura russi. Sulle orme del pittore romantico Ščedrin’, morto e sepolto a Sorrento nel 1830 e vero promotore della conoscenza del paesaggio campano in Russia con i suoi dipinti, il pittore Fedor Iordan arriva ad Amalfi nel 1840 ma resta fortemente deluso dalla città: “Purtroppo nel regno di Napoli accade spesso che città che dal mare sembrano affascinati non corrispondano alle vostre aspettative quando scendete da terra. Qui trovate sovente strade strette, sporche e trascurate, puzzolenti, come è successo ad Amalfi. La città è situata in alto sulla riva del mare; saliti fin lassù, stanchissimi, trovammo ben poco di interessante, in confronto a ciò che si sarebbe aspettati vedendo la cittadina dal mare”. Più interessata e qualificata è la descrizione di Amalfi lasciateci dal filologo Fëdor Buslaev, che visitò la Costa nel 1839, il 26 e il 27 settembre lasciandoci un’accurata descrizione di Amalfi e di Ravello, di cui segnala i tesori d’arte medievale del duomo. 

 
     

26 settembre.

Descriverò il mio viaggio ad Amalfi. Leggendo Tasso navigavo in barca lungo gli scogli a picco; a tratti si vedevano davanti a me delle rocce con delle torri costruite su di esse: tutta la riva sembrava come una fortezza inaccessibile. Che contrasto con l’ospitale pianura di Sorrento! E tuttavia si trova a non più di venti verste (20 km c.a) di distanza. Qui e là alle gole dei monti si sono aggrappate città e villaggi. La vista di Amalfi dal mare è incomparabile! La catena ininterrotta delle rocce è tagliata da due profondi valli, l’una vicino all’altra, divise da una parte di rocce; la dolce pendenza delle valli verso il mare forma dei bassi fondali uniformi con comodi approdi, difeso dal golfo, fra Punta di Conca e Capo d’Orso. Questo è il posto che i marinari del Medioevo scelsero come proprio rifugio. Le rocce dalle punte aguzze ai lati della città sono difese da torri e castelli sulle loro sommità; esse un tempo erano una valida difesa per la città, ed ora servono solo a rendere più pittoresche la sua posizione. A sinistra, se si guarda dal mare, una stradina si snoda verso il Monastero dei cappuccini, un enorme edificio che sorge isolato,come per estraniarsi dalle vanità della vita, ad una certa distanza della città, sospeso sulla roccia, vicino ad un’enorme grotta.

Dopo si reca a Ravello, la cui visita racconta dettagliatamente. La sua attenzione fu attratta dagli arredi della chiesa romanica di San Pantaleone, che egli descrive nei particolari. Il viaggiatore rimane colpito soprattutto da due pulpiti ricoperti di mosaico e in particolari dal pulpito che si appoggia sui leoni. In questo ciclo decorativo vede la manifestazione di “una fantasia selvatica che esalta cose straordinaria”. Un altro oggetto che attira l’attenzione di Buslaev è la porta della chiesa decorata con formelle in cui egli  ravvisa “uno spirito rigido e militare”. Ancora, i vestiti dei due lottatori con i bastoni gli ricordano i caftani russi. Come spesso accade al viaggiatore che cerca analogie con la civiltà di provenienza, uscendo dalla chiesa nota una somiglianza tra l’ingresso fortificato della torre a lui di fronte e le torri del Cremlino. Il viaggiatore pernottò sopra Amalfi, da dove al mattino ammirò il sorgere del sole, confrontando di nuovo, da filologo qual era, i suoi sentimenti con i versi di Tasso:

 

27 marzo

Poi mi diressi al convento dei Cappuccini. Gli immensi scogli che si trovavano sotto di esso, lontano nel mare sembrano i resti di quelli con cui un tempo i giganti colpivano il cielo. Il porticato nel cortile del convento e a colonne doppie (cioè a due file).
La vista della terrazza è stupenda: la città, le rocce e  il mare lontano con la riva; manca dal paesaggio soltanto una cosa, il monastero stesso, che mi sembra il principale ornamento della vista sulla città.
Stando presso la grotta del convento contemplavo l’aurora, con il sole che dalle nuvole gettava i suoi raggi colorati sulle rive lontane. Non penso che esistano molte grotte che possano eguagliare per la loro pittoresca bellezza quella del convento dei Cappuccini  di Amalfi; sembra che la natura l’abbia appositamente fusa dal metallo con varie figure di stalattiti ripiegate, rotonde, allungate e sospese in alto: simili arabeschi si formano casualmente versando della cera in un bicchiere d’acqua, quando durante le feste le ragazze cercano di indovinare il loro futuro. Sembra proprio che questa grotta abbia  fatto apposta a formarsi con una pianta a semicerchio, sotto una volta che ricorda l’abside di un altare! La natura si è sforzato di ricavare lungo tutto una parete della grotta un ripiano, e i monaci nel loro zelo religioso vi hanno posto statue colorate della Madonna e di santi a grandezza naturale. Qui presso  la parete di pietra, si insinua un alberello, all’apparenza un fico. In mezzo alla grotta sono piantate tre croci grezze, alte il doppio della statura di un uomo. Sempre che la natura stessa abbia creato questa grotta per farne un altare divino e i Cappuccini, sentendo tutta la bellezza con cui la natura ha ornato questo tempio naturale, non hanno osato abbellirlo con artifici e vi hanno soltanto aggiunto le croci e quelle semplici statue della Madonna e dei santi. Ci sono cose che non si dimenticano mai. Sulla via del ritorno, avvicinandosi a Punta di Conca, la nostra barca fu ad un passo dal naufragio; gli scogli, battuti dalle onde, dalle loro caverne mandavano un sordo ruggito spaventoso e gli spruzzi erano più alti degli alberi più alti. Allora capii cosa si pensa quando, morendo si dice addio alla vita.