Astolphe De Custine (1812)


 

 

Astolphe De Custine (Niederwiller 1790-Parigi, 1857)

     Astolphe De Custine (Niederwiller 1790-Parigi, 1857) è autore delle Memoires et Voyages. Lettres écrites à diverses èpoques pendant des courses en Suisse, en Calabre en Angleterre, et en Ecosse (Parigi 1830), che raccolgono i ricordi, sotto forma di lettere, dei suoi viaggi giovanili. Trasferitosi alle pendici dei Pirenei con la madre dopo il ghigliottinamento del padre e del nonno (1783), viene educato al gusto della scrittura e della letteratura. La sua vita è tutto un pellegrinare attraverso l’Europa. In vita fu apprezzato come romanziere, ma il vero successo in Francia gli venne riconosciuto grazie ai libri di viaggio. Non ha ancora compiuto i ventidue anni quando nel maggio del 1812 il giovane marchese Astolphe de Custine arriva a Napoli e nelle lettere del suo journal, scritte nel salernitano e indirizzate al grande romantico Chateubriand, traspare l’entusiasmo per la storia e il paesaggio dei luoghi pervaso da un’inquietudine e da una tristezza che non gli danno tregua.
 

 
     

Amalfi,8 maggio 1812

Ma eccoci in una delle fucine della civiltà italiana, vale a dire europea, del Medioevo; la lettura dell’opera del Sismondi mi ha provocato il desiderio di visitare la repubblica di Amalfi. La mia curiosità era stata vivamente eccitata da tutto quello che racconta della potenza e delle ricchezze di questo stato, oggi pressoché dimenticato anche dallo stesso sovrano. Amalfi ebbe l’onore di disputare alla Francia l’invenzione della bussola. Tutto ciò che resta ora dei suoi giorni di gloria, è la bellezza di uno dei luoghi più straordinari che una persona possa vedere, perfino in Italia. L’immaginazione non riuscirà mai a rappresentarsi i quadri che qui da ogni parte colpiscono gli sguardi. Abbiamo lasciato Salerno alle cinque del mattino: il clima era mite e il cielo puro, ci siamo imbarcati al porto di Vietri. I villaggi di Raito, Benincasa e molti dei casolari costruiti, alcuni sulle punte delle rocce altri ai bordi del mare, furono le prime cose che attirarono la nostra attenzione. Quale dipinto diventa il golfo di Salerno al levarsi del sole. Non mi stanco di ammirare queste eleganti gallerie, formate da pergolati di vigne, che sostengono un lungo seguito di colonne. Le pietre di questi portici sono di un bianco squillante, e contrastano meravigliosamente con la verzura dei tralci di vite. Nell’attraversare un mare di un blu colore dello zaffiro, scorgo delle rocce tinte di brillanti sfumature, e gli angoli di queste fortezze naturali dell’Italia vengono addolciti dalla magia della luce! Il sole giocava in mille maniere su queste varietà, e la bellezza delle piante alle quali i diversi piani delle montagne servano per così dire da terrazze, completavano questi quadri eleganti e nello stesso modo straordinari. Si direbbe che l’ulivo, il carrubo, il fico d’India, l’aloe crescessero sospesi ai bordi dei precipizi che sembravano sfidare, solo per essere ammirati dai marinai spaventati dalla profondità dei dirupi al di sopra dei quali le piante nascono e muoiono al sicuro. Noi paragoniamo i loro fiori inaccessibili ai fuochi che s’illuminano il giorno del giudizio, sulle punte più aguzze dei più alti edifici: sono i fari della primavera; la vegetazione italiana è una festa che la natura non cessa di donare a se stessa. La città di Salerno si eleva su un anfiteatro fino ad una costa fertile che domina il mare il quale forma un golfo di un ovale regolare ai piedi di un grazioso ruscello, la piana di Paestum, che da una parte si perde al livello del mare e dall’altra si estende fino alle montagne del Cilento e capo Poseidonia, presso l’isola di Leucosia, di là della quale noi andremo nei prossimi giorni a visitare la tomba di Palinuro. Questo è il quadro che noi abbiamo avuto il piacere di contemplare, durante le due ore del nostro allontanamento da Vietri. Ben presto la scena cambia, doppiammo Capo d’Orso, famoso per i molti naufraghi, e scorgiamo Amalfi o piuttosto Atrani, che n’è separata da una roccia avanzata nel mare, come una retroscena di teatro. Questo piccolo lembo di terra è limitato da una parte dal Mediterraneo, e dall’altra da montagne pressoché inaccessibili. È un mondo a parte; la vita se n’è andata con la libertà! La famosa città di Amalfi è infossata tra due pareti di rocce che si elevano pressoché a picco; una montagna a forma di piramide, coronata da una torre gotica, è come sospesa alle spalle di questo singolare ammasso di case, o, per meglio dire, la città e la costa ne fanno un tutto unico; poiché gli edifici di cui il mare bagna i muri cominciano il precipizio che la montagna continua ben al di sopra della vetta!

 

Amalfi, tutta intera, città e territorio, non è che un picco partito dal mare per salire al cielo, per terminare con le rocce che s’innalzano a perdita d’occhio!
Non esiste la riva; la montagna e la città toccano i flutti. Questa repubblica era un labirinto di archi, di portici, di rampe poste una sull’altra, e l’aspetto del paese è così bizzarro che si sarebbe meno sorpresi sentendolo chiamare Cina anziché Italia. In questi paesaggi incomprensibili solo il mare è orizzontale, e tutto ciò che è terraferma è quasi perpendicolare.
La natura si distingue appena dalle opere dell’uomo; è un’architettura in grande. Lo splendore del cielo attenua il terrore che producono le forme orribili delle montagna. L’eleganza, perlomeno esteriore, delle abitazioni, contribuisce ugualmente a rassicurare il viaggiatore spaventato dalle masse di rocce che vede sospese sopra la città, e che sostengono a delle altezze incredibili degli edifici così grandi e pittoreschi. Dal fondo delle piccole strade strette e tristi, si scorgono, alzando la testa, dei castelli moreschi, dei forti, delle chiese gotiche, e si stenta appena a comprendere che cosa li tiene come sospesi nell’aria. Se si chiudono gli occhi per un momento, si crede, riaprendoli, di contemplare dei dipinti composti a piacere da un pittore in delirio. I piccoli muri di appoggio costruiti a terrazze fino alla sommità delle montagne, allo scopo d’impedire ai torrenti di consumare i fianchi, formano così uno dei tratti caratteristici di questa costa chiamata nel paese la costa per eccellenza. Si vedono dei burroni scavati dai temporali, che si riempiono grazie alle cure dell’uomo, di aranci, di mirti e di granati, di cui il lusso dei fiori e della vegetazione fa dimenticare l’asprezza del sole. Non dirò niente sugli abitanti di Amalfi; non conosco che la loro fisionomia. Quelli che ci hanno accolto sulla spiaggia parlano sempre, gesticolano sempre, sono dei figuri, non dico briganti, sarebbe troppo comune, ma sembrano cospiratori: alla fine sono degni dell’aspetto del loro paese! Al nostro arrivo, tutta la città si è riunita intorno a noi; ci hanno spinto, ci hanno posto domande: duecento persone mi guardavano mentre scrivevo. È un grande onore!  

Eboli, lo stesso 8 maggio, alle nove di sera

Abbiamo attraversato oggi un paese molto singolare, se non vi fidate di me dovreste almeno aver fiducia nel signor Catel, nostro compagno di viaggio, che giudica la natura da pittore, e che dice di non aver visto niente di più affascinante della costa di Amalfi; in effetti, questa contrada non somiglia a nessun altra; è un paravento della Cina in azione, o piuttosto un giardino delle fate. È assolutamente necessario che voi andiate ad Amalfi; ci si imbarca a Salerno o al porto di Vietri, che è preferibile perché da qui il percorso è più breve. È necessaria una buona barca con sei rematori, perché da queste parti il mare è spesso pericoloso. Ci si fa condurre direttamente fino ad Amalfi, non per vedere la chiesa stessa, ma per la veduta che si gode prima di entrare; c’è un paesaggio sorprendente che con i portici della Cattedrale forma un affresco. Questa chiesa è situata così in alto, che dal suo sagrato l’occhio si immerge a volo d’uccello sulla città, e il mare che si trova davanti a voi sembra salire fino al cielo dove si va a perdere.

 

     
 

Quando si vuole ritornare a Salerno, s’invia la barca a Maiori, e la si va a raggiungere per una strada pittoresca che attraversa i villaggi di Atrani e di Minori. Talvolta la strada rasenta le onde, talaltra si eleva a delle grandi altezze, come la Panoramica di Genova; ma le vedute di Amalfi sono più estese di quelle di Nizza. Prima di arrivare a Maiori, s’incontra una caverna imponente.

 

Franz Ludwig Catel: Veduta della Grotta di Maiori. Aquaforte, 1818

 

Vi si trova una cappella in onore dei morti; un enorme ammasso di ossa allineate sotto queste spaventose rocce che ne fanno una vera decorazione di teatro.