Thomas Hoby (1550)

 

Thomas Hoby (1530-1566)

    
Thomas Hoby (1530-1566), dopo aver studiato a Cambridge e Strasburgo, intraprese, diciannovenne, il suo viaggio in Italia (1549-50). Nel 1550 tornò in Inghilterra dove fu introdotto a corte. Tra il 1551 e il 1553 lo troviamo diverse volte in Francia in Belgio e di nuovo in Italia: in missioni diplomatiche e in compagnia di suo fratello, allora ambasciatore inglese alla corte imperiale. Il frutto letterario di questi anni è una traduzione inglese del Cortegiano di Baldassarre Castiglione. Dopo un soggiorno nei suoi possedimenti in Inghilterra, Thomas Hoby, nel 1566 ricevette dalla regina Elisabetta la carica di ambasciatore a Parigi, dove morì pochi mesi dopo il suo arrivo, a soli 36 anni. La sua presenza sulla Costa è narrata nel Diario, pubblicato solo agli inizi del Novecento (A Booke of the Travaile and Lief of me Thomas Hoby, London 1902). Il viaggio in Italia condusse Hoby da Venezia, Padova, Mantova, Firenze, a Siena (dove avvenne un incontro che dovrà avere conseguenze per la sua successiva visita ad Amalfi). Da Siena si reca a Roma, da dove, il 10 Gennaio 1550 s’imbarca per Napoli, da dove, dopo un mese, si reca, dall’11 febbraio, in Calabria e Sicilia per far poi ritorno a Napoli, il 26 marzo. Nei giorni successivi a questa data, Hoby e altri inglesi decisero di visitare Salerno e, poi Amalfi. La città partenopea e i suoi dintorni lo stimolano ad osservazioni ampie e dettagliate. Hoby menziona l’impianto edilizio della città, castelli, strade, edifici famosi; la fertilità straordinaria del terreno lo colpisce, ma più ancora l’abbondanza del vino.

 
     

Al mio arrivo a Napoli, trovai che erano da poco colà giunti Mr. Edward Stradling, Francucs Williams, John Handfoot, e Thomas Grinwaye. Mr Parkar e Mr Barker erano partiti e non li trovai finchè non andai di nuovo a Siena. Trovandoci a Napoli, ci recammo insieme a Salerno, poiché essi erano desiderosi di vederla, e partimmo su una barca per Castellammare che si trova a 18 miglia. Questa città è situata ai piedi di una collina che sporge sul mare a formare il promontorio di Minerva. Vi è qui grande abbondanza di chiare sorgenti d’acqua e la campagna è molto piacevole e piena di buoni frutti. Da qui andammo a Nocera che è ad 8 miglia, e poi a Salerno coprendo la stessa distanza. Dopo aver sufficientemente visto Salerno, salimmo su una barca per percorrere la bella costa di Amalfi, che è lodata come uno dei più bei tratti di terra di tutta Italia. Questa costa è lunga 20 miglia, tutta costituita da alte ed aguzze colline, sui cui lati moltissime cittadine, villaggi e case di bell’aspetto sorgono così vicine, che chiunque guardandole dal mare, giudicherebbe essere tutte insieme una città. Questi luoghi ameni sono meravigliosamente abitati e vi si possono ammirare tutte le specie di frutti in grande perfezione, come aranci, limoni, cedri, olive, prugne, melograni, ciliegie ed altre ancora che sarebbe lungo riportare. Ed inoltre, i vigneti di alta qualità, e tale ricchezza di fiori profumati che non è minor piacere ammirarli che odorarli. L’aria è molto temperata essendo aperta sul mare da ogni lato. Sulla cima della collina sorge una cittadina chiamata Ravello, che già da lontano appare molto bella. Al di sotto di questa sul lato della collina si trova Maiori di costruzione bellissima e Minori, due belle cittadine. Il mare diventò così grosso ed il vento così contrario, che fummo costretti ad approdare a Minori che è a 10 miglia da Salerno. Vi è qui una meravigliosa qualità di perfetto vino greco, che mi meravigliai nel vedere venduto a così buon prezzo: una caraffa, che corrisponde ad un quarto inglese, costa 8 Cavallucci, circa 3 farthings. Da qui percorremmo un sentiero dritto e stretto adiacente la collina fino ad Amalfi, a 2 miglia, una graziosa città piacevolmente costruita e bella da vedere, dominata dal castello appartenente al duca, e con tutta la costa intorno.

 

E mentre sedevamo conversando insieme, aveva incaricato uno dei suoi uomini di condurre al castello il resto della nostra compagnia che era rimasto giù in città e cenammo insieme, ed ognuno di noi si servì parecchie volte al tavolo in piatti d’argento molto onorevolmente. E là rimase con lui il Capitano della Città che ci intrattenne piacevolmente. Alla fine della cena a ciascuno fu assegnata una stanza: a Whitehorn e me ne fu data una con tappezzeria in oro e velluto, dove c’erano due letti con coperte, una lavorata in argento e l’altra in velluto, con cuscini e lenzuola stranamente lavorati con ricami a mano. Sdradlinge e Grinwaye furono sistemati in un’altra stanza vicina. E poiché non c’era posto sufficiente nel castello, Handfort e Frauncs Williams furono condotti a casa del Capitano in città, dove alloggiarono suntuosamente e furono accolti festosamente.

Al mattino noi desideravamo partire contrariamente alla volontà del marchese ma egli apprendendo che il nostro intento era di attraversare il grande colle (il modo migliore per vedere il paesaggio), incaricò una dozzina di soldati spagnoli di farci da scorta e condurci attraverso rischiosi luoghi circostanti, dove era più probabile vi fosse questa specie di banditi. Quando essi vennero all’improvviso alla nostra partenza informandoci della volontà del Marchese, noi rifiutammo la sua gentile offerta. Ciò nonostante, dopo che fummo partiti vedendoli tornare indietro, egli diede a due o tre l’ordine severo di seguirci immediatamente con tutte le loro provviste e di non lasciarci finchè non avessimo raggiunto la cima della collina e là ci avessero provvisto delle cose necessarie. Era un mattino buio, nebbioso e piovoso. Ad Amalfi nella grande Chiesa di Sant’Andrea ci sono le ossa del Santo, presso le quali c’è un vaso che (si dice) sia sempre pieno di un certo olio distillato da queste ossa, che gli abitanti chiamano Manna (così si dice) che è dato ai pellegrini ed agli stranieri da un prete incaricato a ciò e tuttavia il vaso è sempre pieno nonostante non vi sia nessuno a riempirlo. Per arrivare alla cima del colle di Amalfi, vi è un sentiero scosceso, duro, pietroso, stretto, faticoso e pericoloso, perciò noi salimmo attraverso gradini di pietra messi

     

Francesco Cassiano de Silva - Amalfi

     

C’era qui un presidio di spagnoli che usciva spesso per catturare i banditi (chiamati forusciti), che rifugiandosi sulle colline recavano molto danno agli abitanti del paese. Al nostro arrivo, apprendendo che il Marchese di Capestrano, figlio del Duca, si trova al castello con la Duchessa sua madre (per la vecchia conoscenza, amicizia e familiarità che ebbi con lui a Siena), pensai che fosse mio dovere ossequiare colui da cui in tempi passati avevo ricevuto così grande cortesia. Quando mi vide arrivare al castello con Whitehorn, egli non solo ci ricevette gentilmente con amabile conversazione, ma ci introdusse alla Duchessa sua madre che fece altrettanto con noi.

 

lì dagli uomini del posto per poter andare avanti e indietro. Quando giungemmo alla cima della collina, trovammo lì pronte delle provviste portate per il nostro arrivo, ci offrirono inoltre frutti di tutte le specie e cavalli per continuare il nostro viaggio. Rifiutammo però i cavalli, dicendo che potevamo andar giù a piedi piuttosto che salire. Da Amalfi alla cima del colle ci sono 8 miglia e lì gli Spagnoli ci condussero. Ai piedi del colle passammo oltre il fiume Sarno, comunemente chiamato Scafaro, il cui passaggio appartiene al Duca di Amalfi, e così arrivammo a Torre Annunziata, che dista 8 miglia dalla cima del colle, dove ci  fermammo quella notte. Il giorno successivo arrivammo a Napoli percorrendo 16 miglia.